Arrotino


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(Anche Arrotatore). Colui che otteneva il filo tagliente negli attrezzi o utensili di acciaio usati in diverse attività. Quindi, arrotava soprattutto coltelli e forbici. Usava le ruote da arrotare, lo stile, il bilico, l’asse torto, il manico, la cote, il vaso dell’acqua, il menar della gamba, il rintuzzare, l’appuntare, il dare il filo.

L’arrotino poteva esercitare il suo mestiere sia in bottega, sia girando per le strade. A Roma, nel 1864, Isaia Camanni, aveva – tra gli altri – bottega di arrotino a Piazza della Rotonda 44 e Giacomo Terraccia in Via del Pianto 31. Più tardi il suo grido era: “Arrotino, signori!”. L’arrotino ambulante possedeva e spingeva un tipico carrettino di legno, montato su una ruota anch’essa di legno. Sul carrettino era sistemata una pietra per molare di forma circolare. Mossa da una leva, a sua volta spinta da un pedale (ecco il “menar della gamba” di poco prima) sul quale l’arrotino pigiava, la pietra girava velocemente contro il ferro da affilare, mentre su di essa scendeva, per raffreddare il ferro stesso, un filo di acqua contenuta in un barattolo munito di un piccolo rubinetto. Qualche volta, dalle lame che l’arrotino affilava sulla pietra, venivano proiettate delle scintille che appassionavano ed emozionavano i bambini: quasi sempre essi si raccoglievano intorno all’arrotino durante il suo lavoro.

L’arrotino serviva in special modo i macellai. Oggi specialmente nei paesi di provincia, l’arrotino esiste ancora. Però il carrettino di legno è scomparso, sostituito da una motoretta adattata a tale compito.

Felice Cavallotti, scrittore ed uomo politico (1842-1898) che morì al suo 33° duello contro il deputato Ferruccio Macola, direttore della “Gazzetta di Venezia”, si fece prestare le sciabole dal suo amico barone Benedetto di San Giuseppe e poiché non gli sembravano bene affilate, le portò (Roma, 6 marzo 1898) ad affilare ad un arrotino di Piazza del Pantheon: probabilmente a quel Camanni di cui s’è parlato prima.

S. Bartolomeo Apostolo era il protettore degli arrotini. Francisco Goya, spagnolo, dipinse – tra il 1808 ed il 1810 – il quadro raffigurante l’arrotino (“El afilador”) conservato oggi al Szépmüvészeti Museum di Budapest. Un incisore veneto del ‘700, A. Gabrieli (1749-1817) eseguì nel 1773 una incisione su rame dell’arrotino (cm 22,5 per 31) sotto la quale si legge: “Con questo ferro, ci scommetto un pavolo, farei la barba ed i mustacchi al diavolo”.

A Roma, un editto prescriveva (1703) che nei giorni festivi di precetto, gli arrotatori o arrotini, dopo le prime messe, potevano dare ai contadini i ferri per i lavori della campagna, purché nel fare ciò tenessero aperto solamente lo sportello (non la porta) della bottega. Per tutto il mese di giugno, sempre nei giorni festivi, si tollerava agli arrotini di poter arrotare le falci ed altri strumenti utili alla mietitura.

Documentazione ripresa da “Antichi mestieri di Roma. Un viaggio affascinante nel cuore della città tra artigiani, botteghe e venditori ambulanti alla riscoperta di curiosità, segreti e ambienti caratteristici di una vita urbana in gran parte scomparsa”, Mario La Stella, Newton Compton Editori (1982)

Ente fornitore dell’immagine: INDIRE-Patrimonio librario

Per approfondire:

https://it.wikipedia.org/wiki/Arrotino

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