Sellaio


sellaio(Anche Sellaro). Colui che fabbricava le selle per i cavalli e quanto altro occorresse per montare o guidare e attaccare il cavallo ad un mezzo. Quindi staffili, sottocoda, brache, capezza, briglie, testiera, sottogola, ecc. Per le selle usava ferri adatti, nervi, colla, pelo, corde e verghe da battere il pelo del quale imbottiva le selle. E’ da notare – scrive Attilio Milano (1964) – che “fin dal 1652 i sellai cristiani avevano ottenuto dai Conservatori di Roma una ingiunzione che proibiva agli ebrei di occuparsi di lavori di selleria; l’ordine fu revocato dal cardinale vicario”.

Uno dei pochi sellai che siano rimasti a Roma è stato Oltello Marchetti, in Via del Pozzetto 155. Ma più che essere sellaio, la caratteristica dominante è stata quella di lavorare e vendere i prodotti del cuoio in una bottega larga poco più di un metro e lunga forse non più di tre metri. In quella scatola si è svolta tutta una storia di sellaio che è incominciata nei primi anni del ‘900 quando vi si installò, soprattutto come artigiano, colui che si può definire il Maestro di Marchetti: Ettore Brizzi. Brizzi era un artigiano del cuoio; un lavoratore ed un padrone inflessibile come si usava e come era possibile in altri tempi, quando dal suo laboratorio microscopico l’odore intenso, caldo e piacevole del vero cuoio lavorato a mano si effondeva nella stradina come l’odore del brodo da una pentola con la carne che sta dentro a bollire.

Quando Otello Marchetti andò a far pratica come garzone dal Signor Brizzi, aveva nove anni e si era nel 1925. Il ragazzo andava bene perché apprendeva con piacere e soprattutto era pieno di buona volontà nel riparare selle da cavallo e molte valigie di cuoio che erano l’unico mezzo, per chi viaggiava, per trasportare le proprie cose. Della buona volontà del giovane Otello, il Signor Brizzi ne faceva uso in misura abbondante o, meglio, con tutto comodo. Otello si doveva presentare a bottega la mattina alle 7. Lavorava fino mezzogiorno: a questo punto gli era riservato un intervallo di due ore, dopo di che riprendeva il lavoro fino alla sera alle 7. Erano, dunque, dieci ore di lavoro. Senonché Otello, per disposizione del Sor Ettore, durante l’intervallo non poteva andarsene a casa – abitava con la famiglia nei pressi di Piazza Navona – ma doveva rimanere in bottega, solo e pronto a rispondere alle richieste di piccole riparazioni, che in quelle due ore sembra che arrivassero numerose e che egli doveva eseguire tra un boccone e l’altro condito con l’odore del cuoio. Ma le ore di collaborazione – per così dire – di Otello con il Sor Ettore si prolungavano la sera anche dopo le sette perché al momento di salutare il “principale” Otello si sentiva dire che doveva passare da casa del Sor Ettore stesso, in Via dei Serpenti, a lasciare un pacchetto od a fare una commissione. Dopo di che Otello poteva finalmente avviarsi verso Piazza Navona.

La domenica, che anche allora era giorno di festa e di riposo per molti lavoratori (non tutti: i postini o portalettere consegnavano, anche se una sola volta quel giorno, la corrispondenza nelle case) aveva un carattere del tutto particolare per Otello come lavorante. Il Signor Brizzi, per essere un valente sellaio, era richiesto di domenica e nei giorni festivi, dal principe Torlonia. Doveva recarsi nelle tenute con scuderie, che si trovavano nelle campagne di Fiumicino. Naturalmente, il Sor Ettore non poteva fare a meno di avere con sé il volenteroso Otello. Non si faceva uso di automobili e non c’erano corriere. Per Fiumicino si prendeva il treno alla Stazione Termini. Per essere puntuali ed efficienti dal principe Torlonia, si doveva salire sul treno che partiva verso le 5 di mattina. Allora il fratello di Otello doveva mettersi il ragazzo in canna, sulla bicicletta, verso le 4 e mezzo per portarlo in tempo utile alla Stazione Termini dove il Sor Ettore era in attesa, scalpitante come i cavalli che egli doveva sellare.

A Fiumicino, nelle scuderie Torlonia si lavorava e non si ammirava la campagna. Ma, in fondo, quella era una gita domenicale. La mattina dopo il Sor Ettore e Otello si sarebbero rivisti nel buco di Via del Pozzetto. Tuttavia, per Otello Marchetti, il gran volenteroso, un premio c’è stato perché, attraverso non facili ed intricate vicende, egli si è ritrovato (aprile 1975) padrone unico (senza lavoranti) del negozio-scatola di Via del Pozzetto, dove i manufatti di cuoio pronti in vendita hanno preso il sopravvento sui lavori fatti e da fare a mano in loco.

Documentazione ripresa da Antichi mestieri di Roma: un viaggio affascinante nel cuore della città tra artigiani, botteghe e venditori ambulanti alla riscoperta di curiosità, segreti e ambienti caratteristici di una vita urbana in gran parte scomparsa, Mario La Stella, Roma, Newton Compton, 1982

Immagini fornite da http://www.gravinaoggi.it/ e Lega di Cultura di Piadena

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