A Roma l’Università degli Orefici fondata nel 1508 punta al futuro con giovani e digitale


L’Università degli Orefici di Roma fondata nel 1508 guarda al futuro. L’obiettivo? Rendere digitale un archivio antichissimo e aprirsi al mercato

Nonostante i numerosi archistar contemporanei disponibili, molti big del lusso farebbero carte false per avere un headquarter disegnato da Raffaello. Sede che esiste, e appartiene dal 1509, anno della sua edificazione concessa da papa Giulio II, all’Università e Nobil Collegio degli orefici gioiellieri e argentieri di Roma. Da oltre 500 anni i suoi membri si riuniscono nella chiesa di San’Eligio degli Orefici a via Giulia, uno dei rari progetti architettonici dell’artista di Urbino.

«Oggi abbiamo una cinquantina di membri, tutti orafi artigiani e perlopiù nomi storici della città, impegnati sia nella tutela del nostro lungo passato sia nel sostegno dell’arte orafa del futuro, soprattutto di quella di tradizione romana», spiega Corrado di Giacomo, camerlengo dell’Università e quarta generazione di una famiglia attiva nel settore dal 1870.

Se la corporazione, a differenza di molte altre, è riuscita a sopravvivere al tempo è grazie al suo stretto legame con la zecca pontificia, e al fatto di essere stata esclusa dall’abolizione generale del 1802 perché ritenuta particolarmente utile al bene pubblico. La sua storia è racchiusa nel suo prezioso archivio, uno dei pochissimi archivi di corporazione di mestiere conservati in Italia, con circa 200 volumi e decine di migliaia di documenti (dove appare anche il nome di Benvenuto Cellini, associato nei suoi anni a Roma). A queste carte Costantino Bulgari, figlio del fondatore della maison Sotirio, attinse per il suo libro “Argentieri, gemmari e orafi d’Italia” del 1958, tutt’oggi considerata una “Bibbia” dagli studiosi di oreficeria e argenteria antica.

«Tuteliamo la tradizione, soprattutto quella di botteghe storiche come Castellani, che inventò una versione moderna dei gioielli degli Etruschi a metà Ottocento – prosegue di Giacomo -, ma vogliamo pensare anche al futuro. Per questo, stiamo cercando fondi per digitalizzare il nostro archivio e renderlo aperto al mondo e alle nuove generazioni»

«Tuteliamo la tradizione, soprattutto quella di botteghe storiche come Castellani, che inventò una versione moderna dei gioielli degli Etruschi a metà Ottocento – prosegue di Giacomo -, ma vogliamo pensare anche al futuro. Per questo, stiamo cercando fondi per digitalizzare il nostro archivio e renderlo aperto al mondo e alle nuove generazioni». Per i giovani, l’Università ha creato “gioielloinarte”, un concorso internazionale con cadenza triennale (al quale negli anni ha collaborato la Fondazione Cologni, musei della città e brand come Bulgari e Tiffany & Co.) e organizza corsi di formazione in collaborazione con le istituzioni locali. Fra marzo e aprile saranno aperte le iscrizioni a un nuovo corso che inizierà a maggio, con l’obiettivo di formare artigiani-imprenditori che conoscano le tecniche di lavorazione e le pietre, ma anche il mercato.

Forte della sua tradizione, l’arte orafa della capitale è in ottima salute: secondo dati Confartigianato, Roma è la seconda provincia in Italia sia per numero di imprese totali attive nel settore della gioielleria e lavorazione di pietre preziose (1.433), dopo Arezzo e prima di Alessandria, sia per imprese artigiane (969), sempre dopo le due altre città. Nei primi nove mesi 2017 l’export del settore orafo della provincia è aumentato del 7,8%, rispetto al calo totale dell’1,2%, soprattutto verso Paesi dell’Ue (+18,9%).

Fonte: Il Sole24ore

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