Abbiamo intervistato Andrea Viola, artigiano romano che è stato costretto a chiudere la sua bottega in Via dei Falegnami perché non riusciva più a sostenere i costi dell’affitto. Ci siamo fatti raccontare come è andata e abbiamo discusso insieme del futuro di questo mestiere …
Andrea Viola ha sessant’anni ed è un artigiano romano che, come tanti altri, ha purtroppo dovuto fare i conti con la realtà. Per colpa della crisi che sta attraversando questo mondo da diversi anni è stato costretto a chiudere la sua bottega in Via dei Falegnami.
Andrea si occupava di restauro di materiale organico semi-prezioso; oggi per colpa di uno sfratto ha dovuto abbandonare il suo mestiere e rimettersi in gioco. Abbiamo deciso di intervistarlo per farci raccontare come è andata, per farci spiegare i motivi che hanno portato alla chiusura della sua bottega e anche per provare a ragionare insieme su diversi aspetti che riguardano questo mestiere.
Qual è la soluzione per impedire la continua chiusura di botteghe e negozi di artigianato? Forse è il caso di fermarsi un attimo, riflettere e adottare nuove strategie per trovare soluzioni valide. Ad esempio come promotori del progetto per il #MadeinRome abbiamo lanciato la proposta per la riapertura delle botteghe di San Michele a Ripa, ma non assegnandole a singoli artigiani, con il rischio già sperimentato di lasciarli poi in balia del loro destino, bensì con l’obiettivo di farne un polo di aggregazione e valorizzazione di tutto l’artigianato romano.
Con Andrea abbiamo inoltre parlato di politica, futuro e nuove generazioni. Già le nuove generazioni… perché su una cosa siamo stati d’accordo: la rinascita parte da qui, dall’educare, promuovere e stimolare l’attenzione dei giovani verso quell’antica arte del “saper fare” di cui Roma è portatrice da millenni.
Ciao Andrea, abbiamo pensato di intervistarti per far conoscere la tua storia e per rendere partecipe il pubblico della situazione difficile che molti artigiani romani stanno vivendo da diverso tempo. Cominciamo: di cosa ti occupi? Come nasce la tua esperienza di artigiano?
Mi occupo, o forse è meglio dire mi occupavo, di restauro di materiale organico semi-prezioso: corallo, avorio, ambre, perle, legni preziosi.Ho iniziato la mia esperienza di artigiano lucidando mobili a Via del Pellegrino e facendo piccole riparazioni di oreficeria, in seguito ho anche frequentato l’istituto d arte sezione metalli.
Nei giorni scorsi sulla pagina Facebook di #RomaCreArtigiana ci siamo scambiati qualche messaggio. In particolare ci hai segnalato che l’anno scorso sei stato sfrattato da via dei Falegnami e che ora non hai più una tua bottega. Ti va di raccontarci meglio come è andata?
È andata che l’affittuario mi aveva promesso il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, così ho deciso di spendere i miei risparmi nella ristrutturazione della nuova bottega. Il problema vero poi però è stata la crisi economica che ha colpito la mia attività; non sono più riuscito a sostenere i costi dell’affitto e sono stato sfrattato. Ora mi ritrovo senza bottega e non posso più svolgere il mio lavoro.
Questa è una situazione che purtroppo riguarda molti artigiani che come te non riescono più a sostenere i costi e sono costretti a chiudere la propria bottega. Secondo te quale può essere la soluzione per risolvere il problema?
Non so, la soluzione forse potrebbe essere di evitare di destinare numerosi spazi ai bed & breakfast o altre strutture ricettive, ma tutelare invece gli artigiani, le tradizioni, magari aiutandoci – in un momento di crisi come questo – a pagare gli affitti. E soprattutto, aggiungo, la soluzione a lungo termine consiste anche nell’educare le nuove generazioni all’antica arte del “saper fare”. Dobbiamo tramandare ai posteri il nostro mestiere!
Se fossi il rappresentate di un comitato territoriale o di un gruppo di artigiani cosa ti sentiresti di chiedere all’attuale amministrazione comunale? Cosa ti aspetti da chi ci governa?
Purtroppo da chi ci governa non mi aspetto nulla. A dire la verità avevo riposto qualche speranza durante il periodo di Veltroni, ma sono rimasto deluso.
Come promotori del progetto per il #MadeinRome abbiamo lanciato la proposta per la riapertura delle botteghe di San Michele a Ripa, ma non assegnandole a singoli artigiani con il rischio già sperimentato di lasciarli poi in balia del loro destino, bensì con l’obiettivo di farne un polo di aggregazione e valorizzazione di tutto l’artigianato romano. Ne hai sentito parlare? Cosa ne pensi?
No, sinceramente non ne ho mai sentito parlare, ma non posso che pensarne bene. Mi sembra una bella iniziativa per rilanciare e valorizzare questo settore.
Per uscire un attimo da questo discorso e allargare il contesto, ti chiediamo: secondo te la perdita dell’interesse delle persone verso l’artigianato e gli artigiani e anche la mancanza di attenzione da parte delle classe politica, non è conseguenza anche di un mondo, quello artigiano, che non ha saputo adeguatamente innovarsi nel corso del tempo?
Sì, sono d’accordissimo, ma c’è anche da dire che rinnovarsi e allo stesso tempo rispettare le tradizioni e il modo di lavorare a cui siamo stati abituati, non è per niente facile.
Per chiudere questa breve intervista ti chiediamo: come vedi da qui a dieci anni la situazione dell’artigianato romano e laziale? Quali possono essere gli strumenti e le iniziative per migliorare? Un artigiano, oggi, quale strada deve intraprendere per competere nuovamente sul mercato e attrarre i giovani a credere in un futuro artigiano?
Ti dico la verità: non la vedo bene per niente. Questo è un settore sempre più difficile, e soprattutto è come se fosse diventato di “nicchia” per pochi insomma. Ti faccio un esempio pratico: qualche giorno fa sono andato all’Ikea insieme ad un mio amico falegname e lui non faceva altro che lamentarsi. Il motivo? Semplice, allo stesso prezzo con cui lui compra il materiale, Ikea ti vende un prodotto già montato, collaudato, consegnato a casa e pronto per l’uso! E come facciamo in questo modo noi artigiani a sopravvivere? Per uscire da questa difficile situazione serve educazione, nel senso che abbiamo bisogno di una cultura del “bello”, di un nuovo interesse verso questo mondo e soprattutto di politici appassionati, competenti e che credono ancora nel nostro mestiere.
Faccio mie le ultime tre righe di questa appassionata e nel contempo amara intervista. Sono un architetto donna che, abbandonata l’attività professionale più tecnica, ha deciso di dedicarsi al design di oggetti e d’arredo con scarsi risultati. Difficoltà nel dare visibilità a ciò che è stato realizzato, nel reperire luoghi di lavoro idonei (laboratorio o bottega) e collaboratori interessati per costituire una squadra. Mi piacerebbe conoscere ed incontrare persone davvero interessate per discuterne allo scopo di far “nascere” qualcosa di unico e diverso. W la creatività e soprattutto il lavoro artigianale!
Grazie.
Cesarina Viola (anche omonima!)