Quale lavoro nel 2030: artigiani e ingegneri battono i robot


Nel prossimo decennio, cresceranno i mestieri basati su creatività, insegnamento, ricettività. Uno studio spiega l’impatto che l’automazione avrà sull’occupazione: molte professioni spariranno. Tutte, o quasi, cambieranno. Fondamentale il ruolo della scuola

Mestieri che cambiano

Vetrinisti, gestori di pub, ingegneri aerospaziali, insegnanti di ogni livello scolastico: puntate su queste professioni, per il futuro. Lasciate perdere carriere nella finanza, nell’industria manifatturiera, mestieri legati alle vendite. La discussione sul futuro del lavoro, che vede schierati apocalittici e ottimisti (sarà scarso e precario, «bruciato» da robot e intelligenza artificiale, sostengono i primi; l’innovazione porterà crescita e nuovo lavoro, dicono gli altri) si arricchisce di una nuova prospettiva: quella contenuta nella ricerca «Il futuro delle competenze», realizzata da Pearson in collaborazione con Nesta e Oxford Martin School.

La Figura rivela una grande massa di occupati (negli Stati Uniti) in professioni con prospettive di domanda altamente incerte (ossia, una probabilità di sperimentare un incremento nella quota della forza lavoro di circa 0,5). Fonte: corriere.it

Uno studio che pesa, accanto all’automazione, l’effetto di altri trend rilevanti: globalizzazione, invecchiamento della popolazione, urbanizzazione e crescita della «green economy». Viste da questa angolazione, molte professioni spariranno, da qui al 2030. Tutte, o quasi, cambieranno. Nella ricerca si fanno previsioni sulle professioni del futuro e si analizza l’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro. Si ipotizzano i trend: quali professioni cresceranno e quali no. E quali saranno le competenze richieste ai nuovi lavoratori. La ricerca analizza due «modelli»: il mercato del lavoro inglese e quello americano. La conclusione è che solo il 10% della forza lavoro oggi è impiegata in attività che sicuramente cresceranno; mentre due lavoratori su dieci lavorano in settori in inarrestabile contrazione. Per i restanti sette su dieci, la sfida sarà riuscire a ridefinire le mansioni e puntare sul «reskilling», la formazione continua.

Le competenze vincenti

«Le abilità che saranno con molta probabilità più richieste in futuro saranno quelle che implicano spiccate competenze e abilità interpersonali, cognitive e di sistema» sostengono i ricercatori. I nuovi lavoratori avranno bisogno di conoscenze più approfondite e ampie, di competenze sempre più specializzate. Fondamentale il ruolo della scuola, che dovrà fornire le «employability skills», le nuove competenze trasversali strategiche per un mondo del lavoro investito da un cambiamento continuo, tecnologico e organizzativo. Il fulcro della ricerca, condotto dai ricercatori Bakhshi, M. Downing, Osborne e Schneider e adattato per l’Italia da Paolo Magliocco, è stato quello di identificare, attraverso un metodo completo che tenesse conto di tutte le possibili variabili, le competenze, le abilità e le conoscenze probabilmente più richieste in futuro dal mercato del lavoro.

La distribuzione dell’attuale occupazione nel Regno Unito in base alla sua probabilità di futuro incremento della domanda.

«L’identificazione di “panieri” di competenze capacità e aree di conoscenza che, con la massima probabilità, saranno importanti in futuro, come pure degli investimenti in competenze che avranno il maggiore impatto sulla domanda occupazionale – scrivono – fornisce informazioni che educatori, aziende e governi possono usare per determinare le proprie strategie e guidare le azioni». Al sistema educativo, e in particolare alla scuola, la ricerca riconosce dunque un ruolo fondamentale nella preparazione di lavoratori in grado di muoversi attivamente nel mercato del lavoro: una buona formazione e il possesso di employability skills saranno indispensabili in ambito professionale.

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