Pizzicarolo 1


pizzicheria(Anche Pizzicagnolo). Vendeva (1850) principalmente formaggi uova e carni porcine insaccate.

Oggi si chiama salumiere e salumaio e sull’insegna non c’è più scritto “pizzicheria” o “pizzicarolo” ma “salsamenteria”.

Esisteva, nel 1600, una Università romana dei Pizzicaroli. S. Maria dell’Orto era la protettrice dei pizzicaroli e S. Giovanni Battista era il protettore dei compagni e giovani dei pizzicaroli.

I pizzicaroli dovettero leggere e rispettare, tra il 1576 ed il 1676, ben 145 documenti a loro riguardo tra bandi ed editti. Nel 1842, l’Università dei Pizzicaroli e giovani era aggregata all’Arciconfraternita di S. Maria dell’Orto in Trastevere. Lo Statuto del 1567, emanato appunto dall’Arciconfraternita, indicava le merci che i pizzicaroli potevano vendere.

Nel 1703 un editto prescriveva ai pizzicaroli di vendere, nei giorni di Festa, dentro le botteghe, con l’uscio solamente aperto, senza tenere nulla in mostra. È evidente che i pizzicaroli non si impegnavano nella vendita di tutti i generi a loro permessi ma sfruttavano questa facoltà in rapporto alle loro possibilità ed alla loro organizzazione.

Filippo Chiappini scrive (1933) che pizzicarolo deriva da Pizzicata che era in antico una confezione. La pizzicheria di Biagio alla “Ritonna” (la Rotonda, ossia il Pantheon) era celebre ai tempi di Gioachino Belli (1791-1863) che ad essa dedicò questi versi:

Colonne de caciotte che saranno
Scento a ddì poco, arreggono un’arcova
Ricamata a sarsiccie e lli ce stanno
Tanti animali d’una forma nova.
Fra ll’antro in arto sc’è un Mosè de strutto
Cor bastone per aria come un sbirro;
In cima ‘na montagna de prosciutto,
E sott’a llui pé stuzzicà la fame.
Scè un Cristo e ‘na Madonna de butirro,
Drento a ‘na bella grotta de salame.

A sua volta, Giggi Zanazzo ha scritto (1907) che nelle due sere di giovedì e di venerdì Santo, i pizzicaroli romani usavano fare nelle botteghe la mostra dei caci, dei prosciutti, delle uova e dei salami. Alcuni mettevano degli specchi per fare da sfondo; certi altri facevano delle grotte di uova e di salami con dentro il Sepolcro con i pupazzi fatti di burro: una bellezza a vedersi. E la gente, in quella sera, uscendo dalla visita dei Sepolcri, andava in giro a rimirare le mostre dei pizzicaroli, che facevano a gara a chi la poteva fare meglio.

Un’antica usanza, che sopravvive, dei pizzicaroli era quella di mettere a bagno, per la vendita del venerdì (giorno, una volta, di magro) il baccalà secco, che così s’ammorbidiva, ed in un altro recipiente, sempre nell’acqua, i ceci che venivano acquistati dalle donne per fare il piatto tradizionale del baccalà in umido (sugo) con le patate e come minestra quella di pasta e ceci.

Documentazione ripresa da Antichi mestieri di Roma: un viaggio affascinante nel cuore della città tra artigiani, botteghe e venditori ambulanti alla riscoperta di curiosità, segreti e ambienti caratteristici di una vita urbana in gran parte scomparsa, Mario La Stella, Roma, Newton Compton, 1982

Immagini tratte da Robert Harding e Pinterest

Per approfondire: Ruggeri Campo de’ Fiori

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