Da alcuni anni l’artigianato viene considerato in profonda crisi sia a livello regionale che nazionale per cui è indispensabile una decisa innovazione dello specifico tipo di azienda, dalla più piccola a quella di un fatturato più rilevante. Adesso, poi, con il verificarsi degli accadimenti degli ultimi due anni e soprattutto per quanto riguarda gli attuali problemi di belligeranza nell’est europeo, occorre fare delle analitiche riflessioni: innanzitutto c’è il vertiginoso aumento dei costi fissi, con particolare riguardo a quelli inerenti all’energia.
Per tale motivo, proprio in questi giorni, stanno chiudendo l’attività perfino alcuni famosi vetrai di Burano nel Veneto, cosa terribile in quanto di fama mondiale. C’è il rischio che tali impagabili artisti facciano la fine degli esercizi di artigianato siti in Ripa Grande a Roma: dovettero chiudere sessanta anni fa con la promessa di una imminente riapertura. Comunque, su quest’ultimo punto, la cultura romana non si arrende: si continua ardentemente a sperare che emerga l’auspicata sensibilità degli amministratori capitolini e che facciano finalmente riaprire le quaranta magnifiche botteghe.
Per tornare alla contingente situazione, purtroppo, per la citata insostenibilità dei costi, alcuni artigiani sono già stati costretti ad operare in co-working.
Il problema, in questo periodo, riguarda però anche le aziende che nel tempo sono diventate vere e proprie industrie.
In merito c’è da osservare che l’artigiano, anche se ha decine o centinaia di dipendenti, rifiuta di essere qualificato come industriale, lui rimane sempre un operaio con l’arte nell’anima. Ma sfortunatamente si porta appresso, di frequente, qualche difetto congenito come il fatto di essere un po’ accentratore ed addirittura molto spesso preferisce esaminare personalmente il prodotto che esce dallo stabilimento.
Ma per la crisi che aumenta di giorno in giorno, lui è necessariamente obbligato a rinnovarsi, specialmente se conduce un’impresa che negli anni ha trovato sbocchi internazionali: prima le sanzioni all’Iran dove un tempo c’era una clientela di primordine, poi quelle alla Russia, che da un mese sono diventate ulteriormente coercitive. Lui dovrebbe assolutamente cambiare il modus operandi per proseguire nella ricerca di nuovi mercati con un rivoluzionario innovamento manageriale, sia nella metodologia che negli obiettivi da raggiungere.
Per sopravvivere deve essere in grado di diversificare il focus della propria mentalità al fine di contrastare con tempestività le “acrobatiche involuzioni del mercato”.
Peraltro un vero artigiano, usando la creatività che è la sua caratteristica peculiare, può e deve cercare il superamento degli schemi e delle gabbie di pensiero consolidate nonché saper cambiare rotta con tempestività.
Questa è però una caratteristica che non tutti posseggono: è molto spesso qualcosa di istintivo in quanto come insegna Svevo nella “Coscienza di Zeno”, non sarebbe male conoscere serenamente i propri limiti. Occorre, nella fattispecie, imparare a delegare alcuni compiti e ad assumere personale prettamente commerciale, meglio ancora se poliglotta.
Per migliorare gli asset strutturali è necessario arrivare ad un management che deve essere continuamente aggiornato, dall’informatica alla finanza, dalla cybersecurity al phishing ed andare oltre ogni orizzonte dell’immaginazione.
Chi amministra deve abituarsi ad analizzare in pratica cosa c’è dentro la “lampada” con metodi continuamente originali, prima ancora che ci sia lo stropicciamento da parte di “Aladino”, per portare la sua azienda ai massimi livelli di competitività.
E’ estremamente utile che questo pur intelligente artigiano/industriale impari a fiutare con attenzione il “cambiamento del vento”. Altrimenti, soprattutto se non c’è nessuno che glielo abbia insegnato, potrebbe diventare difficile captare ed interpretare il primo leggero refolo d’aria sulla pelle.
Angelo Brasi