Le botteghe digitali? Sono il futuro del made in Italy


Parla Alberto Staccione, direttore generale di Banca Ifis, che lancia la seconda edizione del suo programma di accelerazione digitale delle piccole imprese: «Agli artigiani manca cultura d’impresa, non idee. Industria 4.0? Sarebbe anche per i piccoli, ma non riescono ad accedere ai fondi»

Alberto Staccione, direttore generale di Banca Ifis

«Stiamo provando a dare una cultura digitale alle imprese del Made in Italy». No, non è il titolare di un acceleratore d’impresa, che parla. E nemmeno il presidente di un’associazione di rappresentanza o di qualche studio di consulenza. Strano, ma vero, è una banca.

Banca Ifis, per la precisione, una delle più irrituali realtà del credito italiano, non fosse altro per raccolta, impieghi e utili, che crescono come se il 2008 non ci fosse mai stato. Ma anche – anzi, soprattutto – per un approccio estremamente innovativo all’attività bancaria: zero sportelli, sconto fatture come viatico per garantire liquidità di breve periodo e tanta, tantissima attenzione alla crescita digitale delle imprese, soprattutto di quelle piccole che sono, come osserva Alberto Staccione, direttore generale dell’istituto , il «vero viatico per una nuova crescita sistemica della nostra economia, altrimenti impossibile».

È anche per questo che nel 2016 è nata un’iniziativa, per certi versi unica nel suo genere, denominata Botteghe Digitali, un progetto nato dall’incontro di Ifis con Stefano Micelli (Ca’ Foscari) e Giorgio Soffiato (Marketing Arena). Di fatto, un percorso di trasformazione digitale che la banca promuove ed attua nel contesto di una realtà che ha prodotto ed attitudine – ma non competenze e capitali – per poter affrontare il salto. Un percorso che, dopo il successo dello scorso anno, sarà replicato anche nel 2017, con il più che raddoppio delle botteghe inserite in questo percorso di formazione/accelerazione.

Partiamo dall’inizio, dottor Staccione. Perché una banca decide di investire in un progetto come Botteghe Digitali? Questo non dovrebbe essere il lavoro di incubatori e acceleratori d’impresa?

Nella nostra attività quotidiana di credito ci troviamo spesso di fronte ad aziende, in particolare piccole e micro-imprese, o addirittura ditte individuali, che hanno un’ottima attività di prodotto/servizio, che di fatto è il nostro asset migliore come sistema Paese. Un asset però che spesso non riesce a essere supportato adeguatamente per scelte sbagliate dell’impresa in altri ambiti.

Quali ambiti?

I più disparati, dalla contabilità al marketing. Diciamo che, in generale, manca la cultura d’impresa. Un conto è saper fare bene un mestiere, un altro è fare impresa. È così che ci siamo chiesti come poter fare anche cultura d’impresa.

E da dove siete partiti?

Dall’approccio diretto. Dicendo all’imprenditore in modo chiaro perché siamo costretti a dire di “no” e quali sono gli elementi negativi dell’impresa che non ci consentono di concedere credito, in modo che l’imprenditore abbia consapevolezza dei problemi da gestire e cosa fare.

Col digitale si allargano i mercati, cambia il modo in cui promuovi il prodotto, la sua logistica, il suo posizionamento

E perché tra tutti i modi in cui potevate declinare questo tema avete scelto quello del digitale?

Perché è quello che ti consente di allargarti, di sopravvivere e magari pure di prosperare nella globalizzazione. Col digitale si allargano i mercati, cambia il modo in cui promuovi il prodotto, la sua logistica, il suo posizionamento.

Ha funzionato, lo scorso anno? Che bilancio fa della prima edizione?

Direi di sì. Le botteghe che abbiamo accompagnato durante la scorsa edizione hanno imparato a mettersi sul mercato in una maniera diversa.

Un paio di esempi?

LeFrac, una piccola realtà che fa accessori moda in feltro, si è buttata sul visual photoshooting e ha un profilo Instagram seguito, da vera maison di moda. Occhialeria Artigiana ha un blog sull’occhialeria – il primo in Italia – che celebra una delle eccellenze del Paese. È stato tutto innescato da Botteghe Digitali, ma hanno fatto loro, prima affiancati dai coach e poi in autonomia. Hanno imparato in fretta.

E voi, cos’avete imparato?

Ci siamo accorti dell’opportunità di scalare su una dimensione o una fase dell’azienda più avanzata. Nella prima edizione ci interessava il piccolo negozio, la bottega. Quest’anno, per poter avere un effetto più ampio e affrontare tematiche di utilità più diffusa, abbiamo alzato l’asticella di qualche tacca, per avere imprese un po’ più grandi. I partecipanti di quest’anno sono più dimensionati e maturi. Oltre ad aver allargato il numero delle realtà partecipanti, dando al progetto una dimensione raddoppiata, da 4 a 10 protagonisti. E poi sono realtà con titolari molto più giovani: ci sono molti ragazzi sotto i trent’anni, con tanta voglia di fare impresa.

Articolo a cura di Francesco Cancellato, continua a leggere su Linkiesta

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