Meno vincoli, più tutele: la sfida per salvare le botteghe storiche di Roma


Negli ultimi anni, solo nel centro storico, il numero degli artigiani è sceso da 5mila a meno di 2mila. Per invertire la rotta, la commissione Commercio del Municipio I ha messo a punto una delibera per tutelare la categoria. Basterà per salvare gli artigiani e le botteghe storiche di Roma?

Dall’antica rivendita di pizzi e merletti in piazza di Spagna, alla sartoria delle sorelle Antonini, in via Quintino Sella, al rione Prati. È la moria delle botteghe storiche. Piegate dal caro affitti, imbrigliate in una normativa che vincola i titolari delle attività e i proprietari delle mura, senza fornire strumenti per resistere alla concorrenza della grande distribuzione, commercianti e artigiani continuano a chiudere i battenti.

“Negli ultimi 10 anni – spiega Giulio Anticoli, il presidente dell’Associazione botteghe storiche di Roma – solo nel centro storico il numero degli artigiani è sceso da 5mila a meno di 2mila”.

Vogliamo superare il criterio in vigore, secondo cui, quando si fa domanda per ottenere il riconoscimento di bottega storica, il Comune chiede previamente il parere al padrone delle mura, che in genere lo nega

Per invertire la rotta, la commissione Commercio del municipio I sta mettendo a punto una delibera municipale che tuteli la categoria. Attualmente, infatti, sono solo 198 le attività iscritte all’albo pretorio del Comune. ” Ce ne sono almeno altre 700 – spiega Anticoli – che non si vogliono iscrivere per non essere imbrigliate nei vincoli”.

Su questo ” stiamo lavorando – spiega il consigliere municipale dem, Livio Ricciardelli – vogliamo superare il criterio in vigore, secondo cui, quando si fa domanda per ottenere il riconoscimento di bottega storica, il Comune chiede previamente il parere al padrone delle mura, che in genere lo nega”.

Perché? Con l’iscrizione all’albo, i locali non possono cambiare destinazione d’uso per i cinque anni successivi alla chiusura della bottega. Che diventano dieci per i negozi d’eccellenza (quelli che hanno 70 anni di storia, di proprietà della stessa famiglia da tre generazioni). Nessun titolare delle mura vuol rimanere con il locale sfitto.

Seconda criticità. ” Adesso, quando la licenza di una bottega storica passa di padre in figlio – aggiunge Ricciardelli – il figlio è obbligato ad adeguare le insegne e le stigliature alle normative vigenti: le insegne debbono stare entro i sesti dell’uscio e devono avere un’altezza massima di 30 centimetri “. Sono banditi faretti e materiali in plastica. “Così ne viene stravolta la storicità – avverte il consigliere dem – questa norma va superata. E vanno applicati gli sgravi sulle imposte su rifiuti, ombra, insegne“.

Intanto, spiega la consigliera regionale dem, Marta Leonori, la giunta ha stanziato un fondo “rotativo ” da 2 milioni di euro per finanziare le ristrutturazioni e le riorganizzazioni aziendali di almeno 40 attività in contemporanea. Ogni bottega potrà beneficiare di 50 mila euro, che dovrà restituire dopo tre anni perché altre attività ne possano usufruire. In attesa che, a settembre, parta la revisione del Testo unico sul commercio.

Fonte: Roma Repubblica

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