La lavorazione dei metalli comuni a Roma e nel Lazio


Nel Lazio e a Roma esisteva una lunga tradizione di lavorazione di metalli comuni, per la produzione di manufatti di uso quotidiano, armi e oggetti ornamentali, oggi quasi totalmente industrializzata.

Il ferro battuto, caduto in disuso perché sostituito da materiali quali la ghisa, ha avuto un particolare sviluppo nel periodo barocco, come tuttora ricordano i cancelli di alcuni palazzi e chiese. Il rame, un tempo considerato metallo prezioso perché raro, si diffuse nella seconda metà del Settecento grazie alle importazioni. Da allora fu molto usato per scopi domestici. Oggi rimane una limitata produzione artigianale di oggetti decorativi soprattutto nei piccoli centri della regione.

Nella storia dell’artigianato tradizionale e artistico dei metalli non nobili un ruolo importante hanno avuto fabbri, ramai e artigiani del bronzo. Oggi sono rimaste alcune fonderie d’arte, che eseguono prevalentemente opere di scultura su commissione, mentre la lavorazione del ferro e del rame ha avuto negli ultimi anni nuovi sviluppi grazie all’opera di artigiani alcuni dei quali appartenenti a popolazioni Rom. Per la città non è una cosa nuova, dal momento che già negli elenchi degli iscritti dell’antica Università dei Calderai sono menzionati alcuni zingari. Ancora diffusi sono i fabbri d’arte, che continuano a utilizzare metodi tradizionali di lavorazione.

Il ferro è un metallo non prezioso estratto dai giacimenti mediante fusione. La sua scoperta è avvenuta in epoca relativamente recente (secondo millennio a.C.). Inizialmente fu impiegato per la produzione di armi, utensili, strumenti d’uso quotidiano e, solo più tardi, per oggetti ornamentali. La tecnica di lavorazione più diffusa è quella del ferro battuto, in cui il metallo viene reso malleabile sulla forgia e poi martellato sull’incudine fino a fargli assumere la forma desiderata. Altre tecniche di lavorazione sono: il martellamento a caldo entro conii figurati, le fusioni entro forme, la cesellatura a freddo con l’ausilio della sega. Per la lavorazione in ferro battuto, dopo il taglio le barre di metallo vengono collocate all’interno della forgia (forno aperto a carbon coke in cui la combustione è ravvivata per mezzo di mantici o ventilatori) e riscaldate fino a temperature prossime a 1.000°C. La battitura del metallo è effettuata a mano con il martello o con il maglio.

Il rame, un tempo considerato metallo prezioso perché raro, si diffuse nella seconda metà del Settecento grazie alle importazioni. Da allora fu molto usato per scopi domestici. Oggi rimane una limitata produzione artigianale di oggetti decorativi soprattutto nei piccoli centri della regione.

Per l’assemblaggio dei pezzi si utilizza il sistema tradizionale della chiodatura o delle fascette. Lo stampaggio può essere realizzato dallo stesso artigiano facendo entrare, a colpi di martello, il ferro scaldato a rosso in un piccolo stampo fissato nell’incudine. Per il cesello e l’incisione devono essere utilizzate le tecniche tradizionali eseguite a scalpello o mediante l’uso di acidi. Il prodotto, una volta ultimato, sarà sottoposto alle operazioni di finitura: sabbiatura, verniciatura e zincatura. Il rame è un metallo di colore rosso, non molto duro e molto duttile. Insieme all’oro è tra i metalli più antichi lavorati dall’uomo, per il fatto appunto di essere facilmente malleabile e anche perché, come l’oro, si trova talvolta in uno stato relativamente puro in pepite che possono essere lavorate senza venir fuse. Fin dall’antichità è stato comunque estratto anche dai minerali mediante il processo della fusione.

Per ovviare alla sua scarsa durezza, al rame viene spesso aggiunto lo stagno, formando così il bronzo. In lega con lo zinco produce l’ottone, con il piombo e lo stagno il peltro e con il nichel e lo zinco l’alpacca per gli oggetti elettroplaccati. La tecnica di lavorazione più comune del rame è quella della lamina indurita a caldo, e poi martellata e sbalzata. Molto diffusa è anche la lavorazione in oggetti “ageminati”: in solchi incisi nella lamina vengono inserite strisce di altri metalli, in genere preziosi. Il rame ha la caratteristica di legare bene con il vetro fuso. Altra tecnica di lavorazione diffusa è quella degli smalti. La lavorazione a sbalzo può essere eseguita fissando la lamina di rame su un supporto di mastice per sbalzo (in genere costituito da una composizione prevalentemente a base di pece). Per la lavorazione a smalto è previsto esclusivamente l’uso di pasta di vetro colorato, polverizzato e applicato a fuoco.

Nelle lavorazioni artigianali non si usano smalti sintetici, plastici o epossidici. Per la produzione di oggetti di uso quotidiano la lavorazione più diffusa è quella della modellazione al tornio, seguita dalla martellatura, da effettuare a mano. Il metallo prevalentemente usato per le saldature è lo stagno, il cui punto di fusione è più basso di quello del rame. La pulitura dell’oggetto finito è effettuata anch’essa a mano e senza l’ausilio di prodotti chimici. Il bronzo è una lega composta da un’alta percentuale di rame (tra il 70% e il 90%), da stagno e in minima parte da altri metalli (zinco, piombo, ferro). Aumentando la percentuale di rame, la lega diventa più fluida allo stato di fusione, ma anche più dura e fragile allo stato solido. I bronzi che contengono un’alta percentuale di rame (più del 90%) possono essere lavorati in lamine, sbalzati e scolpiti a freddo con scalpelli e ceselli.

Aumentando la percentuale di stagno (tra il 20% e il 30%), il bronzo acquista anche una caratteristica sonorità. Per questo motivo tale tipo di lega viene utilizzata, dal Medioevo, per la fusione delle campane. Per effettuare la tecnica della fusione del bronzo è richiesta la conoscenza, approfondita, dei materiali, della loro composizione e dei punti di fusione, nonché delle varie tecniche di preparazione dei modelli e delle forme. La preparazione del modello rappresenta il momento più importante dell’intero processo di fusione. I materiali che possono essere utilizzati sono gli stessi impiegati nella scultura: creta, stucco, gesso o cera. Per la realizzazione di oggetti fusi a cera persa, il modello in cera, se non di piccole dimensioni, è bene sia modellato su un nucleo di argilla rafforzato da un’armatura in ferro. Sul modello finito vanno applicati bastoncini di cera che costituiranno gli sfiatatoi di deflusso. La finitura del getto avviene poi con seghe, scalpelli per la rimozione di sporgenze, canali, sfiati, ceselli, bulini, lime, raschiatoi e punzoni di diverse forme. Il manufatto finito può essere patinato per immersione in bagni di sostanze diverse o tramite riscaldamento al fuoco.

Per il restauro di oggetti realizzati in metalli comuni il restauratore deve essere capace di riconoscere l’epoca, lo stile, l’ambito di esecuzione o l’esecutore del manufatto, al fine di individuare correttamente le tecniche esecutive, di costruzione e di montaggio anche per essere in grado di riconoscere l’autentico dal falso

Per il restauro di oggetti realizzati in metalli comuni il restauratore deve essere capace di riconoscere l’epoca, lo stile, l’ambito di esecuzione o l’esecutore del manufatto, al fine di individuare correttamente le tecniche esecutive, di costruzione e di montaggio anche per essere in grado di riconoscere l’autentico dal falso, un originale da una copia o imitazione, anche se di ottima fattura. Gli interventi infatti possono essere effettuati su reperti archeologici, oggetti antichi o di recente fattura. In ogni caso si devono identificare la presenza di precedenti interventi di restauro, chiarirne l’iter esecutivo in modo da poter riconoscere manomissioni o assemblaggi di epoche diverse.

Al termine dell’analisi preliminare il restauratore stabilisce se il reperto è recuperabile. Anche per manufatti in metalli non preziosi il compito del restauratore non è quello di riportare l’oggetto allo stato originale annullando le tracce del passaggio del tempo. È fondamentale che il restauratore possieda una conoscenza non solo empirica dei materiali e dei loro componenti, compresi quelli impiegati nel restauro, in modo particolare nelle fasi della pulitura e della protezione dei metalli, nonché nel trattamento di tutti i materiali complementari.

Articolo estratto dal libro “Artigianato artistico e tradizionale del Lazio” pubblicato da Paola Staccioli e Stefano Nespoli

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