L’incendio di Roma e le botteghe


Era il 18 luglio del 64 d.C. quando un devastante incendio distruggeva buona parte di Roma. Quel giorno andavano in fumo molte delle botteghe più antiche di Roma, che vogliamo ricordare oggi nella ricorrenza della catastrofe.

Conosciamo tutti la storia del Grande Incendio di Roma, tra le leggende che accusavano Nerone e il gran numero di film che gli hanno dedicato.

Più raramente ci soffermiamo a pensare all’impatto che l’incendio di Roma ebbe sulle botteghe e sul saper fare Romano.
Le fiamme infatti divamparono nella zona del Circo Massimo, dove vivevano molti mercanti ed artigiani.

Non si seppe mai cosa le appiccò, forse il fuoco usato per cuocere i cibi o una scintilla nel posto sbagliato, ma a permettere la loro propagazione fu proprio il legno delle insulae e le moltissime merci stipate nei magazzini della zona.

Fu un duro colpo per le attività commerciali dei nostri antenati, che si trovavano così privati della casa e del frutto del loro lavoro. La rabbia dei sopravvissuti fu tale che in molti cercarono un nemico con un volto e lo trovarono in Nerone, che secondo alcune voci cantava la distruzione di Troia sul Palatino, mentre il popolo soffriva.

 

Una rappresentazione pittorica dell'incendio di Roma

Uno dei molti quadri raffiguranti l’Incendio di Roma – fonte: anti-incendio Italia

 

Si trattava in realtà di una notizia falsa: al divampare dell’incendio Nerone non era nemmeno a Roma, ma ad Anzio a godersi l’estate. Quando giunse a Roma l’incendio andava avanti da giorni e il Palatino era inaccessibile.
Certo non aiutò a placare le voci sulla sua responsabilità la decisione di costruirsi una lussuosa residenza, la Domus Aurea, sulle rovine di case e botteghe distrutte.

Morte e rinascita della città

Al di là delle conseguenze sulla popolarità di Nerone, l’incendio mandò in fumo molti manufatti di arte greca, documenti importanti e gran parte delle botteghe.
Ma nemmeno una catastrofe del genere riuscì ad abbattere il popolo di Roma, dopo la fine di Nerone e l’incubo della guerra civile, la nuova dinastia dei Flavi seppe ridare impulso alla città ripartendo proprio dal saper fare.

Una ricostruzione del Colosseo com'era un tempo: con una serie di statue nelle arcate e delle lance sulla sommità per sostenere un telone anti-pioggia

Il Colosseo, costruito per ordine dei Flavi in una delle zone devastate dall’incendio di Roma – fonte: Archeologia Virtuale

La Roma di legno era finita in cenere, perciò ne serviva una nuova, fatta di marmo. Artigiani, manovali ed esperti in costruzioni seppero ricreare l’Urbe dalle sue ceneri.
Dalle loro mani nacquero il Colosseo, l’Arco di Tito, le nuove strade e un sistema fognario più efficiente. Insomma, nonostante le enormi perdite, il saper fare della città ne uscì rafforzato, dimostrando una resistenza che rimane una caratteristica tipica degli artigiani italiani.

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