Casualmente sono venuto a conoscenza di questa raccolta di poesie in Romanesco di Fausto Gasperini:
L’ANTITARME. Poesie pe’ nun tarlà li ricordi.
E’ la sua prima raccolta di composizioni stampata e pubblicata da INFINITO EDIZIONI.
Ho trovato, pubblicata in un post su Facebook, la poesia Lanuvio e dopo averla letta m’è sorto spontaneo il desiderio di conoscere l’autore, che a dir la verità pensavo fosse Lanuvino visto l’amore che traspariva da quei versi e la data recentissima della composizione: 10 Agosto 2021.
Fatto è che con un semplice clik di messenger s’è stabilito in immediato il contatto e ieri al BAR MENELIK di Franco, in piazza Carlo Fontana a Lanuvio, abbiamo bevuto un tè freddo insieme.
Sono particolarmente preso in questi giorni dal pensiero che per poter comunicare il valore del saper fare creativo artigiano, si debba creare un linguaggio proprio e generare, una sintesi olistica dei diversi linguaggi con cui si comunica oggi: verbale, fotografico, grafico e sensoriale.
L’espressione dialettale, o meglio la lingua dialettale, penso che conservi ancora la potenzialità trainante e sull’onda di questo pensiero ho posto a Fausto alcune domande, di cui, non lo dico per antipatica presunzione che mi farebbe mancare di rispetto per Fausto e per tutti coloro che si esprimono in lingua dialettale, conoscevo già la risposta.
Risposta che a me serviva da conferma perché sono giunto alla conclusione che non può essere diverso, poichè ogni creazione artistica artigianale, affonda le radici nell’humus del territorio che la origina, di questo continuamente abbiamo scritto nei documenti editi da FaroArte per promuovere la creatività artigianale e nello specifico il valore di brand democratico “MadeinRome”.
Ogni territorio esprime una comunicazione verbale e scritta, fatta di parole, accenti, sintassi e composizioni grammaticali, proprie della lingua dialettale di quel territorio: è qui che si stabilisce il nesso.
L’espressione dialettale non è ferma e mentre continua a modificarsi, contaminarsi, ad includere altre parole ed espressioni, continua a descrivere il suo mondo di riferimento locale ma ponendolo, con i mezzi di comunicazione attuali, alla disponibilità dell’auditorio globale.
Mi torna utile qui, riportarvi otto versi scritti da Fausto nei ringraziamenti per il suo libro.
Me chiese: “Perché scrivi le poesie in Romanesco”.
Je risposi: “Perché er maestro mio, Trilussa, me da er permesso”
Ecco quindi la motivazione delle tre domande fatte a Fausto, nella prima gli chiedevo se per scrivere in forma dialettale pensava e ragionava un Italiano, nella seconda cosa provasse ad esprimersi in dialetto, nella terza, facendo il verso ai versi di sopra, se il suo maestro gli desse anche il permesso di evolvere la sua espressione dialettale.
Fausto con attenzione e molta serietà, mi ha risposto che non potrebbe scrivere in romanesco se pensasse in italiano, gli mancherebbe la composizione delle espressioni e il ritmo delle parole e che esprimersi in dialetto gli fornisce la sensazione piena di significare in modo non traducibile cose che espresse in italiano non renderebbero il senso di ciò che rappresentano.
Per ultimo, abbozzando, adesso si, un sorriso per una palla che da un platano del Lungo Tevere presso ponte Mollo*, gli cadde su una spalla proprio mentre pensa al lavoro del suo Maestro, Trilussa gli ha dato il permesso, con quella “pacca” sulla spalla, di continuare a pensare e cercare parole per comporre versi in romanesco e non farlo diventare, insieme ai ricordi, cibo per le tarme.
*Ponte Mollo è come i Romani chiamano Ponte Milvio. Quello dei lucchetti per i più giovani e quello della battaglia di Costantino contro Massenzio per chi ha ricordi di scuola.
Nisio Magni