La maledizione del ponte rotto che attraversava il Tevere


Il turista che visita Roma, passeggiando sul Lungotevere tra Trastevere e Porta Portese, può vedere i resti di un antico ponte proprio in mezzo al Tevere.  La storia di quello che fu il romano Pons Aemilius si intreccia con delle leggende che, nel corso dei secoli, lo hanno seguito tanto da originare la leggenda che lo lega ad una maledizione.

C’è da dire che i ruderi marmorei di questo ponte che emergono dalle acque limacciose del fiume che attraversa la Capitale, hanno un loro fascino crepuscolare. Qui solo le piante che crescono selvatiche sono le vere dominatrici, crescendo ed insinuandosi tra le crepe che si sono formate nel corso dei secoli.

I romani lo conoscono da sempre con il nome di Ponte Rotto ma si chiama Pons Aemilius, in onore di Marco Emilio Lepido che lo volle far costruire nel 241 a.C. per unire le rive del fiume in un punto strategico.

Pons Aemilio divenne il ponte più lungo tra tutti quelli esistenti in città e questa fu la ragione per la quale la sua costruzione ebbe tempi lunghissimi. Dall’inizio della costruzione alla fine dei lavori, infatti, trascorsero ben trent’anni.

Fu edificato in sostituzione di un precedente ponte ligneo che, danneggiato da una eccezionale alluvione, interruppe il passaggio sul Tevere che esisteva prima. I due censori di Roma, Marco Fulvio Nobiliore e Marco Emilio Lepido ebbero l’incarico di sovraintendere la costruzione di un ponte realizzato in pietra: cosa che prima di allora non si era mai fatta.

Pons Aemilio divenne il ponte più lungo tra tutti quelli esistenti in città e questa fu la ragione per la quale la sua costruzione ebbe tempi lunghissimi. Dall’inizio della costruzione alla fine dei lavori, infatti, trascorsero ben trent’anni.

Il punto sul quale si era scelti di intervenire era considerato strategico in quanto facilitava la possibilità di trasporto di merci e persone tra la parte occidentale del Tevere dove esisteva già allora una comunità di ebrei commercianti e Porta Flumentana che si trovava sull’altra riva. La Porta Flumentana era un punto nevralgico per tutti coloro che arrivavano a Roma per affari provenendo da fuori, perché la più vicina al Circo Massimo, al Campidoglio e al Foro.


Un ponte nato male oppure una maledizione

Pons Aemilio, o per meglio dire il Ponte Rotto, è stato oggetto di leggende che parlano di maledizioni che lo hanno sempre riguardato. La ragione risiede nel numero di volte che la struttura subì danni da parte dell’irruenza del fiume e che ne hanno originato tanti restauri e rifacimenti.

Ma tra leggenda e realtà, spesso corre un fiume. Ed è proprio dal Tevere che occorre partire per determinare le cause di tutti i problemi che Pons Aemilio ha avuto nel corso dei secoli.

Oggettivamente, anche se in una posizione strategica, per la costruzione venne scelto un punto del fiume poco adatto allo scopo in quanto nelle immediate vicinanze di un’ansa che genera una turbolenza dell’acqua causa delle continue usure. Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che fu costruito a valle dell’isola Tiberina che, agendo da tappo, restringe il fiume aumentandone la forza della corrente e la sua velocità.

Solo dopo due secoli dalla fine dei lavori di costruzione, il ponte ebbe bisogno dell’intervento di un significativo restauro eseguito al tempo di Augusto e, al termine, il suo nome divenne Pons Maximus per evidenziarne la larghezza.

Facendo un salto in avanti nel tempo e arrivando al IX secolo, il ponte cambiò un’altra volta nome, diventando Ponte Santa Maria perché un tempio esistente sulla riva orientale del Tevere fu trasformato in chiesa dedicata a Santa Maria Egiziaca.

Molti furono i nomi che i cittadini di Roma diedero al ponte durante il Medioevo fin quando non gli venne definitivamente dato il nome di Pons Senatorius per via di un profondo restauro del cui costo se ne fecero carico i Senatori della città.

Inutile sottolineare il fatto che le rotture si susseguirono costantemente così come i restauri fino al XIII° secolo quando il ponte crollò.Ricostruito sicuramente male, il ponte durò solo due secoli prima di essere ancora danneggiato in modo significativo.

La maledizione continua fino ai giorni nostri

Il Ponte Senatorio, insicuro com’era diventato, fu oggetto di interesse da parte del papa Giulio II° che affidò a Michelangelo la progettazione per renderlo finalmente affidabile. Ci mise le mani anche l’architetto Nanni di Baccio Bigio che ricostruì uno dei pilastri e soddisfò la richiesta del papa nella costruzione di una cappelletta proprio al centro.

A metà del Cinquecento il ponte fu nuovamente danneggiato da un’alluvione e dovette pensarci papa Gregorio XIII°, ben vent’anni più tardi, a farlo ricostruire. Si approfittò di quella circostanza per aggiungerci una conduttura di acqua per portarla nel rione Trastevere ma pochi anni dopo, quasi alla fine del XVI°secolo, il ponte si vide travolto da una incredibile piena che spazzò via tre delle sei arcate e anche la conduttura di acqua potabile.

Rimase solo la parte destra del ponte che venne usata come una sorta di giardino pensile fiorito fino alla fine del Settecento quando, inagibile, rimase in totale abbandono.

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