I gioielli delle romane


Roman_-_Gold_Necklace_with_Heart-Shaped_Plaques_-_Walters_57524Le leggi vigenti nel periodo repubblicano vietavano qualsiasi forma di lusso riferito ai diversi aspetti della vita come l’arredamento della propria casa, l’abbigliamento, l’uso dei gioielli, ecc. Praticamente si viveva in austerità considerando il lusso disdicevole e inutile.

Nel 193 a.C. le matrone romane si coalizzarono in una forma di ribellione contro queste leggi proibizioniste. Giulio Cesare promulgò una legge che regolamentava l’uso delle perle. Addirittura Tiberio in epoca imperiale vietò l’uso di vasellame di oro massiccio. Ma lentamente queste disposizioni vennero disattese ed in epoca imperiale dimenticate.

Nell’epoca imperiale, però gradualmente si affermò la tendenza contraria al fine di mostrare Roma agli ospiti stranieri superiore sotto tutti gli aspetti a qualsiasi altra città. Lo stesso Augusto raccomandò la copertura in travertino o marmo di qualsiasi costruzione importante, sia essa tempio, basilica o quant’altro. Automaticamente lo sfarzo, per la grande ricchezza che in quel periodo circolava nella città, si riversò anche all’interno delle case, specialmente di quelle dei più ricchi. In un contesto simile bisogna immaginare quanti e quali sviluppi si sono ottenuti nel campo della gioielleria.

Le persone addette alla lavorazione dell’oro e dell’argento normalmente identificati in servi o liberti, cominciarono la loro attività prima degli ultimi anni della repubblica su disegni greci e tecniche etrusche. Lentamente questi laboratori verranno ad essere guidati da operatori sempre più bravi, molto probabilmente venuti dall’oriente, che osavano tecniche diverse e materiali provenienti da quelle località I ricchi romani in epoca imperiale spendevano delle somme immense per ostentare il loro stato sociale nella propria casa, sia essa di città, campagna o mare, con un numero sempre alto di aiutanti e servi. Qualcuno poteva permettersi anche un piccolo esercito privato.

A Roma alcuni laboratori di orefici erano disseminati lungo la via Sacra dove vi lavoravano i caelatores (cesellatori), gli inauratores (doratori), gli anularii (quelli che realizzavano gli anelli), i bractearii (quelli che ottenevano delle foglie sottilissime di oro con la battitura dello stesso, tra due strati di cuoio). Erano anche comuni i margaritarii  che si occupavano della lavorazione delle perle.

Infatti all’oro e all’argento si abbina l’uso delle perle pescate nel Mar Rosso in Egitto o nell’Oceano Indiano e anche quello di pietre preziose in particolar modo rubini, smeraldi, diamanti, topazi, zaffiri, acqua marine, pasta di vetro e ambra (resine fossili di antiche conifere che qualche volta includono insetti ben conservati, provenienti dal Baltico e dal nord della Germania).

I gioielli più usati nel mondo romano erano gli anelli, i bracciali, gli orecchini, le spille e le collane. Dopo che il culto di Iside (dea Egiziana della Fertilità), si propagò anche nel mondo romano, venne di moda l’effige del serpente, animale sacro a questa dea, che appariva spesso in bracciali realizzati in oro con diverse spire squamate e occhi di pasta vitrea o pietre preziose luccicanti. Questi bracciali potevano essere portati anche all’avambraccio (pensate alle riproduzioni pittoriche della famosa Cleopatra). Il serpente era spesso riprodotto anche in forma di anello.

La collana era ovviamente il monile più prestigioso e appariscente perché in primo piano sul petto della persona che la portava. La maglia poteva essere realizzata da anelli più o meno grandi infilati uno dentro l’altro oppure da matassine di fili intrecciate tra loro, o dalla piegatura di quattro nastri di metallo tra loro. La collana era corredata ad intervalli regolari da costoni contenenti una pietra preziosa, oppure, monete di oro o di argento e terminava nella parte centrale con una placca più grossa e pesante che le dava un senso di equilibrio e stabilità. Queste collane potevano raggiungere una lunghezza mediamente di 40 cm, con un peso adeguato. Negli scavi di Pompei è stata rinvenuta una collana lunga due metri e mezzo, con un peso vicino al chilo, avente un intreccio particolare sul petto, sotto i seni, sulle spalle e anche sotto le ascelle. Veniva indossata come un capo di vestiario.

Gli orecchini erano realizzati con pendagli di qualsiasi forma e foggia: delfini, anfore, cuori, amorini, soli, mezze lune, rosette ecc. Famosi sono i crotalia costituiti da più pendenti che terminavano con una perla. Con il movimento della persona queste perle producevano dei rumori urtandosi tra loro. Il crotalo è il sonaglio situato all’estremità della coda di alcuni serpenti velenosi del Sud America formato da anelli cornei che producono un suono caratteristico.

Altro oggetto prezioso usato dalle donne era una rete ovviamente d’oro a maglia intrecciata che veniva posata sulla testa per tener fermi i capelli. Si devono anche menzionare spille, spilloni, fermagli, fibbie e per gli uomini anelli con sigillo, pettorali per parate, foderi per le armi (pugnali, spade, stiletti), parti di armature (come corazze, ed elmi).

Documentazione ripresa da gatc.it

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