Era digitale: l’artigianato “sposa” l’hi-tech


Nell’era della robotica e dell’intelligenza artificiale quale sarà il futuro degli artigiani? Un interessante punto di vista sulla questione ce lo fornisce Domenico Massimino, presidente Confartigianato Imprese Cuneo. 

Hanno spesso nomi fantasiosi e il loro incedere è piuttosto rigido e ripetitivo, ma stanno conquistando il mondo con la loro efficienza. Sono i robot, le creature tecnologiche che in poco tempo si sono catapultate in tante nostre realtà produttive, diventando un supporto insostituibile. Oggi l’intelligenza artificiale sta scardinando il vecchio scenario del lavoro e fornisce il suo valido contributo soprattutto nei compiti “routinari”, ma è già più di un’ipotesi che presto le vengano affidati ruoli anche più complessi. Potranno dunque i robot sostituire nel prossimo futuro l’uomo nelle sue varie mansioni? A detta dei più si tratta di un fatto inverosimile, anche sulla questione il dibattito resta aperto a diverse interpretazioni.

Domenico Massimino, presidente Confartigianato Cuneo

A mio avviso in futuro non si arriverà alla sostituzione dell’uomo con il robot, quanto piuttosto ad un loro affiancamento nelle fasi operative. D’altra parte nessun strumento tecnologico potrebbe mai acquisire alcune caratteristiche tipiche dell’intelligenza umana, quali ad EDITORIALE esempio, l’intuito e la creatività, espressioni che nel lavoro si riconducono inevitabilmente all’artigianato. Il bisogno di livellare l’upgrade tecnologico delle nostre aziende, non deve essere quindi interpretato come una velata minaccia di riduzione dell’impiego umano, ma come un percorso obbligato per accedere a stadi qualitativi ancora superiori. È necessario però affinare la capacità di utilizzare queste tecnologie per realizzare prodotti e servizi nuovi e sempre più personalizzati.

Invece di puntare ad una produzione standardizzata, bisogna utilizzare la robotica per realizzare prodotti ogni volta diversi e pensati sulle esigenze del consumatore. Questo approccio si basa su una nuova complementarietà tra uomini e macchine. Da un lato il lavoro umano sempre meno operaio e sempre più artigianale, che valorizzi la capacità di operare sulla qualità e sul saper fare unico, dall’altro le macchine che possono occuparsi degli aspetti più ripetitivi e allo stesso tempo garantire una elevata flessibilità produttiva.

Il bisogno di livellare l’upgrade tecnologico delle nostre aziende, non deve essere quindi interpretato come una velata minaccia di riduzione dell’impiego umano, ma come un percorso obbligato per accedere a stadi qualitativi ancora superiori

Un recente studio britannico ha classificato l’artigianato tra i dieci lavori più favoriti del prossimo decennio, motivando la scelta con il fatto che lo sviluppo dei mercati in rete faciliterà la vendita di manufatti artigianali e delle produzioni in quantità ridotte, destinati a soddisfare le esigenze di un numero di persone sempre crescente che preferisce il locale, il biologico, il creato-su-misura alle produzioni di massa.

L’antidoto alla ventilata riduzione dei posti di lavoro ad opera dell’hi-tech è dunque abbastanza evidente: è necessario investire su formazione e riqualificazione delle forze lavoro per far sì che la moderna tecnologia non venga utilizzata per scalzare l’abilità umana, ma si trasformi in sua complice nell’elaborare prodotti unici e caratteristici. La possibilità per le nostre imprese di sfruttare il potenziale della manifattura 4.0 non passa dunque semplicemente per l’adozione di nuove soluzioni hardware/software, ma attraverso la capacità di definire applicazioni innovative all’interno delle nostre specializzazioni aziendali. Servono nuove competenze indubbiamente, ma anche nuovi talenti imprenditoriali capaci di esplorare questa nuova frontiera.

La grande scommessa di oggi è questa: coniugare l’alto artigianato con l’alta tecnologia. Il gusto, il design, la qualità, i valori culturali del made in Italy riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo, possono trovare nuovo slancio, e quel che più conta nuovi mercati, grazie all’information tecnology. Basti pensare alle famose reti corte e reti lunghe a cui fa riferimento il sociologo contemporaneo Aldo Bonomi. Le reti corte significano radicamento sul territorio, knowhow sedimentato nei secoli, rapporto continuo con i fornitori. Le reti lunghe si traducono nella capacità di cogliere le innovazioni ovunque si trovino ed impiegarle nel modo migliore per fare qualità. Inoltre, le tecnologie innovative, e in particolare il web, sono una straordinaria finestra per raggiungere i tanti nostri estimatori sparsi nel mondo, andando ad offrire loro quell’unicità e quel genio artigianale che sempre ricercano.

Editoriale a cura di Domenico Massimino, presidente ConfArtigianato Imprese Cuneo. Tratto dalla rivista online “La Voce dell’Artigiano” Anno LXX-n.8 Settembre 2017

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