Alberghi diffusi: tra storia, cultura, economia e territorio


Gli Alberghi diffusi rappresentano un nuovo modello di sviluppo turistico sostenibile, in grado di rilanciare l’economia di piccoli territori attraverso il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio, della cultura e delle tradizioni locali. Per approfondire il concetto di albergo diffuso pubblichiamo questo articolo. La documentazione è ripresa dal portale  web “Albergo Diffuso”.

L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un borgo o in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. L’albergo diffuso è una struttura ricettiva unitaria, gestita in forma imprenditoriale, che si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, autentico, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri.

Tale formula si è rivelata particolarmente adatta per borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati, ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni.

LA STORIA

La prima idea di albergo diffuso prende origine in Carnia, a seguito del terremoto del 1976, dalla necessità di utilizzare a fini turistici case e borghi disabitati, e ristrutturati a fini abitativi. Il termine “albergo diffuso” viene utilizzato per la prima volta nel 1982 all’interno del “progetto pilota Comeglians” portato avanti da un gruppo di lavoro che si avvale della consulenza di Giancarlo Dall’Ara.

Negli anni ’80 il termine “Albergo Diffuso” si diffonde, e si assiste a diversi progetti e tentativi di realizzare l’idea in altre realtà del paese, ed in particolare: in Emilia Romagna (in val d’Enza, 1984) e nel Sannio (nel piccolo comune di Vitulano, in provincia di Benevento, 1987).

In quei primi tentativi l’obiettivo principale è quello di utilizzare edifici vuoti, case abbandonate, di animare centri storici disabitati, di valorizzare turisticamente un sito, in una logica che il marketing definirebbe “product oriented”, piuttosto che quello di dare risposta alle esigenze di una domanda interessata a fare esperienze in qualche misura autentiche, legate allo spirito dei luoghi.

In quei primi tentativi dunque, era ancora assente l’idea di costruire un modello ospitale distinto, per molti versi alternativo e diverso rispetto a quelli tradizionali, e frutto di una elaborazione teorica originale. In alte parole per diversi anni al termine “albergo diffuso” non ha corrisposto un modello ed una cultura dell’ospitalità con le radici nel territorio, in grado di guardare alle esigenze più profonde della domanda.

Ma è proprio alla fine degli anni ottanta che l’idea dell’albergo diffuso assume contorni più chiari e comincia ad essere concepita non tanto come una rete di appartamenti, quanto piuttosto come un’impresa in sintonia con la domanda, un albergo orizzontale, situato in un centro storico di fascino,

I progetti ipotizzati negli anni ’80 erano più dei Residence diffusi, che degli “alberghi” diffusi, delle abitazioni messe in rete e dei progetti per così dire “sbilanciati sull’offerta”, sul desiderio di recupero degli stabili piuttosto che sulla domanda, sui servizi necessari per intercettarla, e sulle modalità gestionali per rendere quei servizi coerenti.

Ma è proprio alla fine degli anni ottanta che l’idea dell’albergo diffuso assume contorni più chiari e comincia ad essere concepita non tanto come una rete di appartamenti, quanto piuttosto come un’impresa in sintonia con la domanda, un albergo orizzontale, situato in un centro storico di fascino, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro.

Nel “Progetto Turismo” di San Leo (1989) infatti l’albergo diffuso è concepito come una struttura ricettiva unitaria che si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo però dei normali servizi alberghieri. Per assistere alle prime parziali realizzazioni dell’idea di AD, però occorre aspettare gli anni ’90.

In quel contesto il progetto contenuto nel Piano di sviluppo turistico della Comunità Montana Marghine Planargia (Nuoro, 1995), avviato a Bosa e successivamente ripreso a Santulussurgiu, nel vicino Montiferru, riesce ad imprimere una svolta decisiva. Non a caso è stato proprio questo modello di AD proposto nel Piano di sviluppo turistico della Comunità Montana Marghine Planargia, e da allora oggetto di diversi seminari e occasioni di studio, che è stato alla base della prima normativa che in Italia ha distinto l’albergo diffuso dalle altre forme di ospitalità, quella della Regione Sardegna.

CULTURA, TURISMO E TERRITORIO

La disamina sugli alberghi diffusi in Italia ha proposto una valutazione sull’evoluzione del modello d’ospitalità diffuso dalla sua origine sino ad oggi.
 Nella fattispecie sono passati ventiquattro anni dall’approvazione del primo progetto di albergo diffuso (San Leo) sino all’apertura dell’ultima struttura (in ordine cronologico) sul territorio nazionale. In questi due decenni il settore turistico si è modificato profondamente per adeguarsi alla società, che anch’essa è mutata nel tempo. Considerando il turismo in chiave sociologica si può definire come un “fenomeno sociale”, che in quanto tale non è statico bensì si evolve parallelamente alla società e a suoi costumi.

Con il passare del tempo e con l’evoluzione delle nuove tecnologie (quali la diffusione di massa dell’utilizzo di internet, e il contestuale sviluppo dei siti relativi ai viaggi) il mercato turistico si è modificato in maniera tale da non considerare più il turista come l’utilizzatore finale dell’offerta, bensì quest’ultima è diventata oggetto di studio da parte degli operatori al fine di essere ideata e successivamente proposta in base alle esigenze espresse dalla domanda.

Se analizzato secondo un’ottica sociologica, l’albergo diffuso può essere considerato uno strumento di lotta al fenomeno dell’elusione sociale

Esempio di albergo diffuso: abitazioni dislocate in un centro cittadino

Con il passare del tempo anche la domanda turistica mutò profondamente per- ché con l’aumento esponenziale della capillarità delle informazioni (dovute al- l’utilizzo di nuove tecnologie quali smartphone e social network) i turisti hanno la possibilità di ricevere informazioni e pubblicità in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo.

Questa maturità a livello di comunicazione ha portato delle conseguenze importanti per tutto il comparto, in quanto la saturazione dell’offerta, dal punto di vista commerciale, ha definito un grado d’esigenza delle richieste da parte dei turisti molto più alto rispetto al passato.
In conclusione si può affermare che l’evoluzione del settore turistico ha genera- to (sino ad oggi) delle conseguenze incontrovertibili sia sull’offerta che sulla domanda, rendendo la prima di carattere “customer orientend” e la seconda atomizzata e personalizzata.
In questo contesto si inserisce perfettamente l’evoluzione parallela che ha vissuto il modello d’ospitalità degli alberghi diffusi, in quanto mutò la sua ottica iniziale (quella relativa alla messa in rete di abitazioni diffuse su un territorio) sino ad proporsi sul mercato come un prodotto turistico endogeno ed integrato sul territorio.

A tal proposito l’analisi sull’ospitalità diffusa può essere esaminata attraverso diversi punti di vista, utilizzando strumenti codificatori che appartengono sia alle discipline socio-economiche che a quella demoetnoantropologiche.
 Un albergo diffuso, se esaminato con un’ottica economica, si può considerare come un’impresa che opera nel mercato dell’ospitalità e dell’offerta turistica a carattere ricettivo-alberghiero. Come tutte le imprese è caratterizzata da una gestione volta all’utilizzo dei fattori produttivi nella maniera più efficace ed efficiente possibile, al fine di massimizzarne il profitto.

L’albergo diffuso, in virtù delle sue peculiarità concettuali, quindi del suo rapporto di simbiosi mutualistica con il territorio non è solamente un’impresa ricettiva, bensì può essere considerato un prodotto turistico tout-court; oltretutto se analizzato secondo un’ottica sociologica, può essere considerato uno strumento di lotta al fenomeno del- l’elusione sociale.
 Il motivo risiede nel fatto che un albergo diffuso può rappresentare un’opportunità diretta o indiretta d’occupazione per parte della popolazione residente. Inoltre può essere considerato come un attrattore turistico volto allo sviluppo del settore all’interno dell’area geografica di riferimento, ed ancora può rappresentare un modello di sviluppo economico anche per altri settori correlati al turismo, quali: i servizi primari (esempio trasporti, sanità, commercio) e i servizi secondari (relativi all’aspetto ludico-ricreativo che una località turistica deve prevedere al suo interno).

Documentazione ripresa dal portale web “Albergo Diffuso”

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