Roma, minimarket: stop alle aperture in sette nuove zone


Parere favorevole al regolamento per l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città storica. Tra le novità, il divieto di apertura nell’area più tutelata per tre anni di nuovi negozi di vendita di alimentari, dai minimarket ai kebab fino alle friggitorie, per permettere un riequilibrio con le attività non alimentari

Dopo mesi di lavoro e confronto tra organi consiliari, assessorato, municipi, operatori e residenti, la commissione Commercio di Roma Capitale, presieduta da Andrea Coia (M5S), ha espresso parere favorevole alla proposta di delibera 64/2017 che contiene il Regolamento per l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città storica: l’assessorato che fa riferimento ad Adriano Meloni, titolare delle Attività produttive del Campidoglio, dopo aver recepito le controdeduzioni delle amministrazioni territoriali ha messo a punto una tripla disciplina a cerchi concentrici con criteri via via più stringenti, partendo dal perimetro ampio della Città storica e arrivando a quello più ristretto e ‘critico’ del sito Unesco.

Tra le novità, il divieto di apertura nell’area più tutelata per tre anni di nuovi negozi di vendita di alimentari, dai minimarket ai kebab fino alle friggitorie, per permettere un riequilibrio con le attività non alimentari: un divieto che verrà revisionato con ritmo biennale per valutare di volta in volta se mantenere in vigore o meno l’interdizione.

A illustrare la delibera dell’amministrazione M5S è stata Raffaella Cavassini, responsabile della P.O. Attivita’ produttive del Commercio di Roma Capitale: “Siamo partiti dall’analisi dei dati delle attività sul Commercio per poi arrivare a un approfondimento sul sito Unesco: è una delibera volta alla tutela della Città storica partendo da una parte più ampia per arrivare fino al sito Unesco, che è quello più critico e con maggiori difficoltà”.

Tra le novità, il divieto di apertura nell’area più tutelata per tre anni di nuovi negozi di vendita di alimentari, dai minimarket ai kebab fino alle friggitorie, per permettere un riequilibrio con le attività non alimentari

Per questo, ha sottolineato Cavassini, “abbiamo elaborato tre discipline: la prima riguarda le aree più periferiche della Città storica dove lasciamo le attività abbastanza libere e siamo intervenuti più che altro sul consumo sul posto, si tratta degli ambiti da P7 a P10; poi c’è la disciplina intermedia per gli ambiti da P1 a P5 e il P6 solo all’interno del sito Unesco dove abbiamo sostanzialmente mantenuto la vecchia regolamentazione intervenendo solo sui souvenir, con prescrizioni per arredo e decoro urbano, sulla esposizione dei prodotti sia all’esterno che all’interno, sulle diffusioni sonore e sullo smaltimento rifiuti; infine la disciplina per il sito Unesco che è la parte più rigida, abbiamo previsto prescrizioni e criteri di qualità per la vendita nei laboratori artigianali di tipo alimentare e per esercizi di vicinato, richiedendo che vengano venduti prodotti alimentari certificati con tracciabilita’ della provenienza e su questo siamo intervenuti anche sulle fasi del ciclo produttivo”.

Infine, ha aggiunto la responsabile, “abbiamo previsto delle attività vietate in base alle osservazioni dei Municipi, con un divieto di apertura per tre anni nel sito di attivita’ del settore alimentare, con una revisione biennale per vedere se si saranno riequilibrati i settori alimentare e non alimentare ed eventualmente togliere il divieto”.

Per quanto riguarda poi le sanzioni, “abbiamo previsto obblighi di adeguamento: la situazione attuale dovrà cambiare per le attività già esistenti in un tempo che va da un minimo di 6 mesi per l’adeguamento alle prescrizioni sul decoro, fino a 12 mesi per gli interventi più strutturali”.

Fonte: Agenziadire

 

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