Piccola guida alle più antiche e belle biblioteche di Roma


Le più grandi e antiche biblioteche di Roma svelate in una piccola guida pubblicata dalla rivista l’Internazionale 

Le più grandi e antiche biblioteche di Roma hanno come compito principale quello di tenere i libri chiusi il più a lungo possibile, dato che il loro è un tesoro che un po’ si disintegra ogni volta che viene toccato.

Questo patrimonio parla della città di Roma tanto quanto ne parlano i suoi musei, i suoi teatri o le sue chiese. Si potrebbe anche pensare di osservare questa costellazione di biblioteche per riuscire in qualche modo a prevedere il futuro della città.

La stella più vecchia ha 2055 anni. La prima biblioteca pubblica di Roma risale infatti al 39 a.C., ed è stata realizzata da Asinio Pollione. Era stata un’idea di Cesare, che venne ucciso prima di vedere terminato il progetto.

La biblioteca venne costruita poco lontano dal foro, sull’Aventino, vicino al tempio della Libertà, ed era formata da due grandi edifici gemelli e speculari, uno per i testi latini e uno per i testi greci. Fuori, sei statue omaggiavano i più grandi poeti di Roma. Varrone, il grande letterato romano, era l’unico tra i viventi a figurare tra le statue. È in quel momento che Roma oscilla tra il bisogno di conservare il suo passato e il compito di insegnare a sostenere lo sguardo verso il futuro.

La stella più vecchia ha 2055 anni. La prima biblioteca pubblica di Roma risale infatti al 39 a.C., ed è stata realizzata da Asinio Pollione. Era stata un’idea di Cesare, che venne ucciso prima di vedere terminato il progetto.

Da allora lo fa attraverso l’austero salone della Casanatense, gli antichissimi manoscritti della Vaticana, le sale di lettura affrescate dell’accademia dei Lincei o attraverso lo spaventoso mascherone di pietra che è l’ingresso di una strana e inaccessibile biblioteca tedesca di Roma. Quella che segue è una piccola guida a questi luoghi frequentati pochissimo e per ovvie ragioni fuori dai grandi circuiti turistici, ma che anche grazie a questo mantengono intatto il valore di ciò che custodiscono.

Biblioteca Casantese

La biblioteca più vertiginosa di Roma venne inaugurata nel 1701, per volere di Girolamo Casanate, in modo che fosse più vicina possibile al Collegio romano. Per arrivarci bisogna salire due rampe di scale, tappezzate da locandine di convegni e seminari. Una volontaria mi accompagna a vedere il salone principale, e anche se so cosa aspettarmi ogni volta che giro l’angolo, il colpo d’occhio è profondo, alto, inspiegabile. Gli armadi carichi, le teche con le prime edizioni e la statua di Girolamo Casanate in marmo bianco sotto al palco principale conferiscono alla biblioteca settecentesca una sacralità degna di un luogo di culto. Alzando lo sguardo ci si accorge che i libri sono organizzati alla maniera antica, segnati da dorati cartigli lignei: dal palco principale dove si affastellano le sacre scritture, gli argomenti via via degradano fino al fondo, fino a quelli considerati allora meno degni: la poesia, la letteratura, la storia.

La biblioteca ha ospitato una mostra dedicata alla rivoluzione scientifica del rinascimento con testi, tra gli altri, di Newton, di Huygens, di Keplero e il famoso libro (proibito dall’indice) In Job commentaria di Diego de Zúñiga, frate agostiniano in odore di eliocentrismo, con ancora sopra i marchi censori dell’inquisizione. Oltre a un incunabolo che risale al 1460, oggi la biblioteca conserva 400mila volumi, di cui solo 60mila nel salone principale. Sono quaranta le persone che ogni giorno hanno la possibilità di accedere alle sue sale, scrutare lo sguardo del Casanate e chiedere in consultazione i libri.

Biblioteca Angelica

Raramente viene data la possibilità di frequentare una biblioteca storica, di solito gli accessi sono vincolati a un progetto preciso di studio. Se si tratta poi di una delle prime biblioteca europee aperte al pubblico (come l’Ambrosiana di Milano e la Bodleian library di Oxford) la fortuna è doppia. Fondata nel 1604 a opera del vescovo agostiniano Angelo Rocca, e incastonata in piazza sant’Agostino, la biblioteca sembra una continuazione naturale, senza strappi, del convento e della chiesa omonima. Il suo salone di lettura, chiamato vanvitelliano per l’architetto che lo ideò, Luigi Vanvitelli, è di una bellezza commovente: la luce che entra a spicchi dalle vetrate di destra illumina i palchi, i balconi, le scale e una parte dei 200mila volumi che vengono conservati all’interno del fondo antico e di quello moderno.

Anche se una linea di banchi preclude l’accesso a chi è lì solo per fotografarne gli scaffali, nella zona riservata ai curiosi ci sono testi meravigliosi, dedicati alla cartografia e ai viaggi di Cristoforo Colombo. Oggi è un posto imprescindibile per chi voglia approfondire il pensiero di sant’Agostino. Mentre mi racconta la storia della biblioteca e i suoi vanti, la direttrice è la più polemica nei confronti del ministero dei beni culturali, ma è una polemica che lascia trasparire l’orgoglio che si prova nel gestire un presidio del genere. “Quando capiranno che questa sala”, dice a bassa voce per non disturbare gli studenti, “ne vale quanto due degli Uffizi, capiranno che siamo anche una risorsa economica per il paese”.

Biblioteca dell’Accademia nazionale dei lincei e corsiniana

La prima volta che vidi l’Accademia dei lincei una signora gentile mi mise davanti un manoscritto e mi disse: “Leggi”. Nell’inchiostro sbiadito lessi a fatica: “Galileus Galileus Linceus Vincentii filius Florentinus etatis mee anno 48 salutis 1611 manti propria scripsi”. La calligrafia su quel manoscritto era di Galileo Galilei, membro dell’accademia scientifica fondata da Federico Cesi ed è già un buon motivo per visitarla. La biblioteca si trova tra palazzo della Farnesina e l’orto botanico di Roma, e negli anni ha ospitato i più importanti componenti della comunità scientifica internazionale (da Pasteur a Einstein). Dopo varie peripezie storiche, in epoca fascista venne fusa con l’accademia d’Italia e successivamente “liberata” sotto suggerimento di Benedetto Croce.

La biblioteca oggi è il frutto di più accorpamenti e conta circa 600mila volumi, disposti nelle sue tre sezioni: orientale, corsiniana e accademica. Quando si entra nella prima sala è necessario alzare la testa per accorgersi che nell’affresco sul soffitto le vecchie allegorie dei santi e i temi religiosi hanno lasciato il posto alle scienze moderne e ai nomi dei grandi scienziati. Tra le volte si possono infatti leggere i nomi di Darwin, Bohr, Galileo. Un accademico mi ha accompagnato a visitare la mostra sui libri che hanno cambiato l’Europa. Quando ci siamo trovati davanti a una prima edizione della Divina commedia di Dante ci siamo guardati. “Puoi commuoverti, non ti giudico”, mi ha detto.

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