“OZ” spazio artigiano eco-sociale nel cuore di Roma


L’associazione OZ Officine Zero, è un collettivo di artigiani e creativi che si è occupato della manutenzione di un parco a pochi minuti dalla Stazione Tiburtina. Grazie al loro lavoro, sono stati recuperati e rigenerati 20.000 mq di spazio verde. L’unico polmone verde della zona è stato salvato grazie al loro impegno, ma lo spazio rischia di essere messo all’asta.

Quando si varca il cancello per entrare nello spazio recuperato dal collettivo-associazione OZ Officine Zero sembra di essere in un parco post industriale: pioppi enormi circondano capannoni salvati dall’abbandono, ritinteggiati e adibiti a officine artigiane, vagoni di treno trasformati  in camere oscure o gallerie d’arte estemporanee.

Un tempo qui si raparavano i vagoni letto. È stato così per quasi un secolo: negli anni 30 per la francese Compagnie Internationale des Wagons Lits, la compagnia che gestiva il leggendario Orient Express, e poi per la RSI, dal 2008 Gruppo Barletta. Poi la crisi, il mondo che cambia anche nel modo di viaggiare e il lavoro che all’improvviso non c’è più: la progressiva dismissione dei vagoni letto inizia nel 2011, gli operai specializzati vanno in cassaintegrazione. Alcuni occupano nel 2012.

Il progetto di riconversione di OZ Officine Zero nasce quando i lavoratori aprono i cancelli a una cinquantina tra artigiani e creativi che trasformano le vecchie officine in laboratori e si rimboccano le maniche per rimettere a posto gli edifici e curare il patrimonio verde che circonda gli ex-capannoni. Il lavoro che non c’è si crea e si rigenera, così gli ultimi operai rimasti continuano ad occuparsi di tappezzeria, in più arrivano falegnami, fotografi, sarti. Un luogo di rinascita in piena bufera economico-sociale, versione metropolitana del Regno di Oz inventato da Frank Baum a inizio ‘900, ma senza sedicenti maghi di turno.

Ognuno ha la sua professione e il suo progetto in uno spazio specifico, tutti condividono responsabilità e impegno nella cura dello spaziocomune. Il piccolo “regno” verde, decaduto e recuperato sorge tra palazzi popolari, capannoni, edifici proto e post industriali per lo più legati alle Ferrovie dello Stato, i cui impiegati dovevano essere i principali abitanti della zona secondo i piani urbanistici all’inizio del secolo scorso.

Alessandro Splendori, tra i pionieri del progetto spiega: «Vorremmo creare una realtà lavorativa diversa; ognuno fa il suo lavoro, ma insieme ci occupiamo di curare e gestire uno spazio che altrimenti sarebbe destinato all’incuria e all’abbandono».

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Questo articolo è stato pubblicato da Valentina Gentile su LaStampa.it

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