La tecnologia per dare valore a industria e artigianato 4.0


Hanno un computer, una stampante 3D e un paio di strumenti di precisione. E, sempre più spesso a casa loro, realizzano prototipi fai–da–te di qualunque tipo di oggetto. Sono i cosiddetti “makers”, gli artigiani del digitale. Quelli che amano ideare i propri oggetti da soli per poi costruirli controllando l’intero processo di produzione.

Una figura, quella dell’artigiano “moderno”, che molti davano per scomparsa, per via del consumismo di massa e della tendenza delle aziende a trasferire all’estero la produzione per risparmiare sulla manodopera. E che, invece, non solo non è sparita, ma si sta reimmettendo sul mercato completamente rinnovata, resa ancor più forte dalle nuove tecnologie.

Dinara Kasko ne è un esempio. Laureata alla Kharkov Università di Architettura in Ucraina, prima ha lavorato come designer e fotografa e poi ha scelto di tornare al lavoro manuale e reinventarsi nel settore alimentare. Non nel modo tradizionale, però, ma creando dolci con l’aiuto di una stampante 3D. Ovviamente, è stato un successo.

Come diceva il filosofo francese Claude Lévi-Strauss, l’artigiano è “il principe degli innovatori”. E che sia attraverso la lavorazione del pellame, il ricamo su un tessuto o la realizzazione di app e di gioielli in 3D, alla base del suo mestiere ci sono sempre la creatività, l’ingegno e l’abilità

Una storia simile a quella di Simone Segalin, calzolaio veneto figlio d’arte. A differenza del padre e del nonno, però, lui è un artigiano digitale: ha uno scanner laser con cui può ottenere in un attimo le misure esatte del piede del cliente, ricavarne un modello tridimensionale da stampare in 3D e avere una forma su cui realizzare una scarpa che calza come un guanto. Tra i vantaggi, la possibilità di azzerare le distanze: se un avvocato di Los Angeles vuole le scarpe di Segalin, può andare nel negozio americano di riferimento e, con il laser, inviare al calzolaio italiano i dati per farsele realizzare su misura senza dover affrontare un volo transoceanico.

Ha fatto storia anche Sandro Tiberi, noto come “il maestro cartaio digitale” di Fabriano, nelle Marche. Entrato nelle cartiere trent’anni fa, si è messo in proprio.

Oggi utilizza le nanotecnologie idrorepellenti e le applica alla superficie della carta che, in questo modo, diventa resistente all’acqua e all’olio. Non solo: produce, per esempio, la carta anti–contraffazione con un chip all’interno.

“Creo prodotti di altissimo livello utilizzando materie prime pregiate, puntando sull’innovazione, sul design e proiettando questo mestiere nel futuro”.

Perché è questo che fanno i makers, gli artigiani del digitale, come è ben descritto ne “Il Manuale del Maker” di Andrea Maietta e Paolo Aliverti : “Il maker è una persona che prova piacere nel costruire oggetti con le proprie mani, con la propria inventiva, la propria tecnica e le proprie abilità. Il maker fa quello che gli artigiani fanno da secoli, con l’amore per il proprio lavoro e per la propria arte, con il supporto delle nuove tecnologie: è un artigiano digitale, che utilizza nuovi strumenti per reinventare una professione che sta scomparendo”.

In fondo, come diceva il filosofo francese Claude Lévi-Strauss, l’artigiano è “il principe degli innovatori”. E che sia attraverso la lavorazione del pellame, il ricamo su un tessuto o la realizzazione di app e di gioielli in 3D, alla base del suo mestiere ci sono sempre la creatività, l’ingegno e l’abilità. La differenza è solo che quest’ultima un tempo era manuale e oggi è anche tecnologica.

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