La Campana, a Roma un ristorante da 500 anni!


La Campana, il ristorante più antico di Roma, è stata fondato nel 1518 da Pietro de La Campana. Fino alla fine del 1800 figurò come locanda che ospitava i forestieri di passaggio, qui si organizzavano e vendevano viaggi; da questa peculiarità deriverebbe il disegno della carrozza, che è rimasto tuttora come stemma del ristorante.

Siamo a metà del 1500, e attorno al Porto di Ripetta – croce e delizia, dove infatti il Tevere promette affari e/o esondazioni a suo piacere – fioriscono taverne e osterie, locande e ricoveri per i pellegrini e viaggiatori in visita o in transito nella città eterna. Fra questi esercizi c’è anche la Stazione di Posta, precursore dei moderni “tour operator.”

Qui l’oste non dava solo vitto e alloggio ai viaggiatori di passaggio, ma organizzava l’intero loro itinerario, fornendo cavalli, personale di ausilio, carrozze, biancheria, prenotazioni nelle varie tappe, si occupava di tutto il viaggio, insomma con tanto di contratti e assicurazioni. Ed è proprio in questa Stazione di Posta a due passi dal Cupolone, che ha sede il più vecchio ristorante di Roma, La Campana. 

Pochi anni fa una ricerca condotta dalla Provincia di Roma ha portato alla luce documenti che attestano la vera età de La Campana e dell’attività di mescita e vendita vivande, confermandone il titolo di più vecchio esercizio di ristorazione della provincia di Roma; e del mondo, visto che in quanto ad età, il Guinness dei Primati parla chiaro, La Campana batte un ristorante settecentesco di Madrid

I locali passano di mano in mano, l’antica Stazione e le sue rimesse per le carrozze, le salette dell’osteria, cantine e stanze ai piani superiori con corridoi che ne collegavano, si dice, anche alle segrete stanze delle case di tolleranza, è con il vino e le donne che fa gli affari (tasse e moralità a parte) mantenendo così in vita nei secoli l’attività. Fino ad arrivare agli attuali proprietari, che dai primi del Novecento, attraversando due guerre e l’uomo sulla luna, danno vita a La Campana.

Pochi anni fa una ricerca condotta dalla Provincia di Roma ha portato alla luce documenti che attestano la vera età de La Campana e dell’attività di mescita e vendita vivande, confermandone il titolo di più vecchio esercizio di ristorazione della provincia di Roma; e del mondo, visto che in quanto ad età, il Guinness dei Primati parla chiaro, La Campana batte un ristorante settecentesco di Madrid.

Qui a questi tavoli hanno trovato rifugio e buon cibo personaggi di varia umanità, da Caravaggio, a Goethe, dal Presidente de Nicola, a Federico Fellini. E chissà se anche loro si sentivano a casa come molti dei clienti abituali di oggi, che tornano e ritornano, e protestano se dopo la tinteggiatura viene cambiata la disposizione dei quadri alle pareti. E chissà se anche loro riponevano fiducia nel fatto di poter assaggiare un piatto diverso a rotazione a seconda del giorno della settimana, come da tradizione capitolina: giovedì gnocchi, venerdì baccalà, sabato trippa? E la domenica, la lasagna per accontentare le famiglie.

Oggi sono accompagnata da un altro romano doc a pranzo, e prendo posto ad un tavolino vicino alla finestra, guardando fuori vedo il vicolo a “T” dove è ubicata l’entrata del ristorante. Paolo Trancassini, l’appassionato terza generazione al timone, raccontandomi la storia de La Campana, mi insegna che non è stato il vicolo a dare il nome all’osteria, ma il contrario, tale ne era la fama e strategica importanza nei secoli.

Sfogliando il menù inizio a salivare copiosamente, specie quando leggo l’elenco dei fritti della casa, che meriterebbero un articolo a parte. Filetti di baccalà, arancini, crocchette di pollo con zucchine a fiammifero in pastella, cervello, carciofi e via discorrendo. Non faccio in tempo ad alzare il ditino, che a tavola arrivano dei croccanti fiori di zucca fritti e dei carciofi alla giudìa grandi come girasoli. La ghiacciata Falanghina Sannio Mastroberardino accompagna benissimo il mio antipasto, che scopro essere curato da una stazione di preparazione dedicata. I fritti sono così leggeri che mi viene voglia di andare a stringere la mano del “frittore” in cucina. Sopprassiedo, ma è solo perché stanno arrivando i primi.

Articolo di Eleonora Baldwin, continua a leggere sul blog “Le Forchettine”

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