Arte contemporanea e tessuti. La storia di Antonio Ratti in mostra a Roma


Terme di Diocleziano, Roma ‒ fino al 20 maggio 2018. Due racconti intrecciati negli spazi delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano evocano le due grandi passioni di Antonio Ratti, quella per il tessuto e quella per l’arte contemporanea. Un originale ritratto di mecenate e imprenditore, in un allestimento impeccabile

Antonio Ratti (Como, 1915-2002) è personaggio noto a chiunque si occupi o s’interessi di arte contemporanea: il Corso Superiore per le Arti Visive, promosso dalla sua Fondazione ‒ strutturato come un workshop e animato da prestigiosi visiting professor ‒ è stato per anni un punto di riferimento nell’alta formazione per giovani artisti e, spesso, è stato una fucina di talenti, soprattutto per la generazione che lo ha frequentato tra la fine degli Anni ‘90 e i primi Anni Zero.

La mostra Arabesques, ideata in prima battuta per il Palazzo Te di Mantova, ora allestita negli spazi monumentali delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano a Roma, più che una celebrazione del personaggio, è articolata come un doppio racconto: c’è, appunto, l’arte contemporanea ‒ attraverso la presenza di opere di artisti che nel loro percorso hanno incrociato quello della Fondazione Ratti, o quello di Ratti mecenate ‒ e c’è il tessuto, l’altra febbrile passione dell’imprenditore comasco della seta, che collezionava e archiviava stoffe antiche per trarne nuove ispirazioni e che ha promosso un Textile Center a lui intitolato, ospitato in seno al Metropolitan Museum di New York.

Racconto d’impresa

Se in Italia la figura di imprenditore illuminato per antonomasia è quella di Adriano Olivetti, vale allora la pena di far conoscere al grande pubblico un’altra storia aziendale che nacque legata a una manifattura tradizionale ‒ come è quella del tessile nel comasco ‒ e che visse una stagione felice di successo e innovazione, non solo tecnologica, ma culturale.

Su questo binomio s’innesta l’incessante attività di Ratti, iniziata nel 1945 con un’impresa locale che poi diventerà il Gruppo Ratti, eccellenza internazionalmente nota: alla crescita economica dell’azienda, corrisponde, quindi, un continuo interesse di Ratti per la diffusione della cultura ‒ testimoniato dalle attività proposte ai dipendenti nella Palazzina dei Servizi Sociali, del complesso disegnato da Tito Spini e più tardi, appunto, dalla nascita della Fondazione, dall’ideazione di corsi per giovani artisti e dalla sponsorship di grandi eventi espositivi ‒ e per la ricerca, intesa come miglioramento dei processi produttivi e come riscoperta delle radici storiche dell’arte tessile.

Il percorso espositivo, curato dalla figlia Annie Ratti, da Lorenzo Benedetti e da Maddalena Terragni, è allestito da Philippe Rahm e Irene d’Agostino accostando alle opere di arte contemporanea il racconto d’impresa, testimoniato da teche e librerie. Oltre cento libri campionario, i primi disegni realizzati tra gli Anni Trenta e Quaranta dallo stesso Ratti, alcuni pregevoli esempi della sua collezione di tessuti antichi: un velluto veneziano quattrocentesco, broccato e raso cinese, stoffe giapponesi, le curiose cravates femminili; è un’installazione di Luigi Ontani a concludere questo percorso nel percorso: il suo acquerello Mostri comaschi su astri diventa un modulo, moltiplicato sul cotone.

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